giovedì 13 dicembre 2018

Una donna fuori dagli schemi: asimmetria tra poesia e realtà



“Non si poria contar la sua piagenza,

ch’a le’ s’inchin’ ogni gentil vertute,

e la beltate per sua dea la mostra.

Non fu sì alta già la mente nostra

e non si pose ’n noi tanta salute,

che propiamente n’aviàn canoscenza”

 (Guido Cavalcanti, "Chi è questa che vèn, ch'ogn'om la mira")


Guido Cavalcanti, celeberrimo poeta italiano del Duecento, in questo sonetto espone una caratteristica tipica della produzione poetica italiana negli anni a cavallo tra la seconda metà del XIII secolo e gli inizi del XIV. Tale caratteristica consiste in un’asimmetria tra il ruolo dell’uomo e quello della donna nel contesto dell’esperienza amorosa che, per gli stilnovisti, è riservata solo a coloro che sono dotati del “cor gentile”, cioè di animo nobile. Il poeta vuole presentare la donna come una creatura superiore, dall'avvenenza straordinaria ed ineffabile,  di fronte alla quale l'intelletto umano nulla può per comprenderla appieno.
Spesso  la donna è elogiata e ammirata a tal punto da essere vista come un essere divino: ciò si evince nella stanza di congedo della canzone di Guinizzelli “Al cor gentil rempaira sempre amore”:

“Donna, Deo mi dirà: «Che presomisti?»,

sïando l’alma mia a lui davanti.

«Lo ciel passasti e ’nfin a Me venisti

e desti in vano amor Me per semblanti:

ch’ a Me conven le laude

e a la reina del regname degno,

per cui cessa onne fraude».

Dir Li porò: «Tenne d’angel sembianza

che fosse del Tuo regno;

non me fu fallo, s’in lei posi amanza»”.

In questi versi il poeta immagina di trovarsi dinanzi a Dio, dal quale è rimproverato per aver amato un essere terreno, e di giustificare questo peccato per il fatto che la donna amata assomigliava ad un angelo.
A prescindere dalle evidenti differenze tra i due poeti (ricordiamo che per Cavalcanti l’esperienza amorosa rimane negativa, distruttiva, perché ancorata all’irrazionale passionalità dell’uomo), una tale esaltazione della donna e la corrispondente collocazione dell’uomo in una condizione di inferiorità, per la società dell’epoca, rappresentano chiaramente un totale ribaltamento dei ruoli. È noto a tutti, infatti, che nel Medioevo, e non solo, la donna era considerata il “sesso debole”, relegata nell’ambito domestico, dedita esclusivamente ai lavori casalinghi e alla generazione e cura dei figli; a qualunque ceto sociale la donna appartenesse, lei doveva sottostare all'autorità dell'uomo di casa e, per giunta, non poteva aprire un'attività in proprio né gestire quella del proprio coniuge dopo una vedovanza.
Indubbiamente il discorso va esteso ai temi dell'amor cortese, meno religiosi e introspettivi e più concreti e moderati (per quanto concerne l'elevazione della figura femminile), alla corte di Federico II di Svevia (1220-1250), di cui menzioniamo alcuni versi di una canzone attribuita a Giacomo Da Lentini:

“S’eo guardo, quando passo,

inver’ voi, no mi giro,

bella, per risguardare.

Andando, ad ogni passo

getto uno gran sospiro

che facemi ancosciare;

e certo bene ancoscio,

c’a pena mi conoscio,

tanto bella mi pare.

(J. da Lentini, "Meravigliosa-mente")

Seppur non accentuata, anche qui la figura della donna viene posta in alto, sovrastante quella dell'uomo che, ci dice il poeta, incrociando lo sguardo dell'amata una sola volta, non è in grado di riconoscere più neppure sé stesso.
Come abbiamo visto, avvocati, giudici di corte e guide politiche si dilettavano per diversi motivi a riprodurre realtà ben differenti da quelle effettive (riscuotendo spesso anche ottima fama) e possiamo benissimo dedurne il motivo: sarebbe stato arduo descrivere sentimenti amorosi così profondi e toccanti verso un essere posto in una posizione di subordinazione.
Possiamo dunque affermare che il concetto di asimmetria è reperibile anche nel rapporto stesso tra realtà e poesia: infatti, come si è detto, le vicende descritte nei componimenti poetici sono tutt’altro che uno specchio della società del tempo. Non solo la parità tra sessi, ma anche solo la visione della donna come un essere pensante capace di elaborare informazioni e prendere decisioni, erano, per l’epoca, ideali fin troppo astratti e questo ci fa comprendere quanto fosse remota la possibilità che, in un ambito non poetico, una donna fosse addirittura ritenuta un essere superiore.
Ma in fin dei conti quest’asimmetria tra realtà e poesia dà un senso alla poesia stessa:
“Il poeta quando incomincia a scrivere cerca quello che non c’è in nessuna parte del mondo, eppure riesce a trovarlo.” (Plauto, “Pseudolus”)

Donna nel medioevo
Donna angelo

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