DA
PLAUTO A TERENZIO PASSANDO PER IL LIBRO “UN’ODISSEA”
DI D. MENDELSOHN
Nella società dell’antica Roma una figura
emblematica è quella
del pater familias che, secondo il
diritto romano, non solo era l’unico
a potersi occupare del nucleo familiare da un punto di vista economico e
gestionale (detenendo solo lui il diritto di possedere la res familiaris), ma aveva anche potere di vita o di morte su ogni
componente della familia, dunque l’educazione impartita ai giovani
romani era basata sul timore del padre.
Con
Plauto vediamo che il personaggio del pater
familias, come tutte le maschere plautine, viene stereotipato in un vecchio
scorbutico e soprattutto avaro. Ciò
che il commediografo mette in evidenza è
la contrastata relazione tra padre e figlio, diretta conseguenza della
subordinazione del giovane al genitore. Tuttavia lo scopo principale di Plauto
era generare la risata del pubblico e per fare ciò egli metteva spesso in scena
situazioni surreali e irrealizzabili. Infatti in Plauto l’asimmetria del rapporto tra il pater familias e l’adulescens (implicata dalla posizione di
potere del primo nei confronti del secondo) viene in un certo modo ribaltata:
il padre diventa infatti “vittima” delle azioni e delle decisioni
del figlio o, comunque, dei suoi aiutanti.
Nel libro di Daniel Mendelsohn, Un’Odissea, che racconta del rapporto
dello scrittore con suo padre facendo riferimento all’Odissea di Omero, ci viene presentato
un padre che viene a trovarsi in una posizione di dipendenza dal figlio.
Infatti il padre dello scrittore decide di partecipare ad un seminario sul
poema omerico tenuto dall’autore,
professore di Lettere classiche. Dunque
sia Plauto che Mendelsohn ci presentano un evidente ribaltamento dei ruoli: il
commediografo con l’adulescens che inganna il padre, lo
scrittore americano presentandoci un padre (che nella società è visto come colui dal quale i
figli possono apprendere innumerevoli lezioni) che si ritrova ad essere un alunno
di suo figlio. Tuttavia il legame tra Daniel Mendelsohn e suo padre è ovviamente molto differente da
quello tra il pater familias e i suoi
figli nell’antica
Roma: si tratta di una relazione comunque complicata, ma il motivo di questo
tacito contrasto sta nelle diverse personalità dei due: il padre schivo e
serio, è stato
un professore di matematica e ha sempre lavorato nel settore scientifico,
mentre il figlio, uomo assai sensibile, è
da sempre appassionato alle materie umanistiche. I due sono quindi due
personalità opposte
che hanno una relazione alla pari in quanto nessuno dei due esercita potere
sull’altro:
nel loro rapporto c’è dunque una sorta di simmetrico
equilibrio. Ma questo legame tra padre e figlio non è solamente proprio della società contemporanea: già nel II secolo a.C., con la
diffusione del pensiero e dei costumi ellenici anche a Roma, un altro
commediografo, Terenzio, frequentando il Circolo degli Scipioni, si avvicinò al concetto di humanitas, che indicava il rispetto per
l’uomo in
quanto tale, a prescindere dalla sua posizione sociale ed economica. Questo
nuovo pensiero, che poneva tutti gli individui sullo stesso livello, portò Terenzio a proporre un nuovo
tipo di figura paterna nelle sue opere. Il pater
familias assume quindi un aspetto più
umano: egli mostra le sue fragilità,
come nel caso dell’Heautontimorumenos, opera in cui un giovane
innamorato di una ragazza più
povera e biasimato dal padre, per sfuggire ai suoi rimproveri va via di casa;
il vecchio, pentendosi della propria intransigenza, si dà ad una vita piena di
sofferenza fisica lavorando ininterrottamente nei campi, per poi ricongiungersi
al figlio alla fine della rappresentazione. Questo nuovo tipo di padre implica
anche un innovativo metodo educativo, basato sull’indulgenza e sulla fiducia
reciproca. Micione, uno dei personaggi degli Adelphoe, afferma: ”Quello
che hai conquistato con la benevolenza, (tuo
figlio) lo fa spontaneamente, si sforza di ricambiarti;[…]Questo è il compito del padre, abituare
il figlio a comportarsi di sua volontà
e non per timore degli altri. Qui sta la differenza tra padre e padrone.”
Un simile cambiamento nella personalità del padre si trova anche nel
libro di Mendelsohn il quale, all’inizio,
ci presenta suo padre quasi come uno sconosciuto, una persona per cui prova
affetto, ma che non conosce abbastanza. Infatti l’anziano Jay Mendelsohn non è stato un padre tenero, seppur
abbastanza presente per i propri figli e ha sempre avuto un atteggiamento
sprezzante e distaccato. Nel corso della narrazione, leggendo insieme l’Odissea, i due riescono ad imparare
qualcosa l’uno dell’altro e, alla fine, Daniel
scoprirà il lato
fragile di suo padre che era stato per anni nascosto dietro l’aspetto severo. Dall’apparente asimmetria delle loro personalità, quindi, si giunge a una
consapevolezza simmetrica dei propri
pregi e difetti.
Nessun commento:
Posta un commento